La rabbia dei familiari su Facebook
«Era l’ottobre del 2018, avevo scritto questo. Speravo fosse finita ma ci risiamo. Noi non diremo nulla. Non parleremo più con giornali o altro. Questo era e rimane il nostro pensiero…», recita il post. «Purtroppo la superficialità – si legge su Facebook – è meno faticosa del pensiero consapevole, ed essendo quindi più facile, trova spesso terreno fertile in persone incapaci di capire che qualcuno sta vendendo delle menzogne spacciandole per verità, manipolando, omettendo, ricucendo ad arte…perché è più facile farsi convincere che capire».
E dopo tre gradi di giudizio resta il dolore dei parenti «con una vita o quello che ne rimane di essa» che lottano contro un meccanismo non solo difficile, «ma profondamente ingiusto – premeditazione – movente – confessioni (che io chiamerei rivendicazioni) – testimone oculare – tracce ematiche -intercettazioni – ammissioni annotate in carcere potreste anche non essere convinti di qualcuna di queste cose, ma non potete credere che tutto sia davvero frutto di un complotto», scrivono Pietro e Beppe Castagna.
«Ora, non sta a noi, né difendere la procura, né gli inquirenti, né il loro operato, consentiteci di difendere però la verità, che per noi è solo una, consentiteci di essere indignati e increduli nel sentire gente che definisce i colpevoli come innocenti vittime di una giustizia sommaria e faziosa, definiti addirittura come ‘un gigante buono e una gracile signora’» che «hanno ucciso brutalmente nostra madre, nostra sorella, nostro nipotino, la signora Valeria, hanno tentato di uccidere il signor Mario, spezzando pochi anni dopo la sua vita e la vita di nostro padre, facendo vivere a me e a Beppe, a Elena e Andrea Frigerio un incubo continuo. La superficialità è meno faticosa del pensiero consapevole e chi sfrutta questa debolezza di molti solo per fare audience o per crearsi carriere o visibilità, è un vigliacco».